L’intervista allo chef Nicola Batavia: “Non potrei vivere senza fare il mio lavoro anche se il mestiere più bello di tutti è fare il papà”

Correva l’anno 2008… Quando l’era dei social era ancora ben lontana e, nello stesso tempo, lo chef Nicola Batavia restituisce la stella Michelin che gli era stata assegnata 2 anni prima. Un gesto non senza conseguenze: il suo ristorante Birichin venne escluso da tutte le guide dei ristoranti e in molti gli voltarono le spalle. Lui però non si scoraggia, anzi si rimbocca le maniche, come tante altre volte, e va avanti per la sua strada. Ecco perché i suoi colleghi lo chiamano lo chef rivoluzionario!

Da allora sono passati 10 anni e in tanti hanno seguito il suo percorso. Essere padroni di sé stessi vale molto di più che sottostare a delle regole. L’anno scorso per la prima volta ho potuto assaggiare alcuni piatti dello chef Nicola Batavia presso il suo bistrot The Egg di Torino. Se per caso anche voi passate in città allora dovete assolutamente fermarvi in via Vincenzo Monte 6 dove, allo stesso indirizzo, troverete anche il ristorante Birichin. In un unico posto potete scegliere due realtà diverse: Birichin dove ogni stagione porta i piatti nuovi e dove potete gustarvi un pranzo o una cena in tranquillità, se invece siete di fretta allora non potete non provare il bistrot The Egg dove gustare i cicchetti dello chef. Sbirciando in cucina è possibile intravedere Maria, la mamma dello chef, che ogni giorno fa la pasta, il pane e i grissini con le sue mani. Mentre lo chef prepara i piatti ordinati sta già pensando ad un altro piatto da realizzare! Eh si lo chef Batavia è una persona creativa che non smette mai di creare piatti nuovi. Dice di sé che è molto curioso, ambizioso e testardo, ma lo chef Batavia è una persona che ama sempre mettersi in gioco e non potrebbe vivere senza fare il suo lavoro anche se il mestiere più bello di tutti è fare il papà.

Scopriamo insieme qualcosa di più sullo chef Nicola Batavia.

Come tutto ebbe inizio..

In quale momento hai capito che il tuo percorso sarebbe stato quello gastronomico?

Il mio amore per il cibo è nato fin da piccolo quando mia madre faceva il pane e la pasta fresca e sentivo il profumo al risveglio nel fine settimana. Cosi è nata poi un’indelebile voglia di viaggiare e conoscere il mondo e durante l’alberghiero partecipai ad una gita in diversi paesi d’Europa, tra cui Amsterdam. Proprio qui è scattata la passione che era già dentro di me. Successivamente, a 17 anni, sono andato a Londra, ma quello è già un’altra storia..

Londra è sempre nel tuo cuore, visto che tutto iniziò da li. Cosa ha così di speciale per te?

Immagina trovarsi a 17 anni a Londra e visto che oggi ne ho 53 stiamo parlando di tanti anni fa! Malgrado fossi un ragazzino che aveva già avuto modo di viaggiare, trovarsi in una città così grande e piena di gente di etnie diverse mi ha fatto crescere. Ho avuto la fortuna di conoscere tanti grandi chef in grandi cucine e grandissimi ristoranti dove c’era stato un bell’investimento. Da qui è nata la mia idea di voler creare e stupire o meglio soddisfare la gente e vederla felice dopo aver assaggiato i miei piatti. A Londra già 30 anni fa si mangiava benissimo: la cucina asiatica l’ho conosciuta a 18 anni, come anche quella tailandese, olandese, senza dimenticare le cucine coreane, che adesso sono molto più di moda che a quell’epoca. A Londra ho preso la patente e proprio lì ho comprato casa per la prima volta a 22 anni facendo un mutuo. Quella casa per me era speciale, l’ho restaurata mentre non lavoravo. A Londra mi sono anche innamorato, amavo ballare anche dopo 14 ore di lavoro perché avevo ancora tanta energia! E’ una città che ancora oggi resta unica in Europa ed è una delle poche città del mondo che può dare un futuro a un giovane se ha davvero voglia di fare. Una città che può consumarti, dove possono sottopagarti ma oggi chi da qualcosa gratuitamente? Tanto vale andare a Londra e spaccarsi le ossa per ottenere qualcosa, soprattutto nel mondo di ristorazione ed alberghi. Tornerei a vivere a Londra anche domani, ovviamente a 50 anni non è uguale come a 20, ma è sempre tanti passi davanti a tutte le città Europee!

Quali sono i piatti che ti ricordano:

* la tua infanzia : sicuramente la pasta fatta da mia madre, sopratutto quella della domenica quando al mattino si sentiva anche il profumo del lievito del pane che mi arrivava in camera. Gli strascinati,  visto che noi siamo Lucani!

* la tua vita londinese : appena arrivato a Londra (1983) ho lavorato in un ristorante molto noto che trattava soprattutto il pesce. Un piatto che mi è rimasto nella memoria è un salmone scozzese cucinato nel pepe e accompagnato con la fantastica salsa olandese.

* l’apertura di Birichin: il piatto che ha fatto la storia, visto che lo serviamo ancora dopo 25 anni, è l’uovo in camicia su fonduta di patate con nocciole e cacao.

Legame con la mamma Maria..

La tua mamma è presente attivamente nei tuoi ristoranti, è lei che si occupa di fare la pasta, il pane, i grissini.. hai mai ricevuto critiche da parte sua dato che è un’ottima cuoca? E come reagisci alle sue critiche?

Lei è sempre attiva, malgrado i suoi 82 anni. Lei è quella che apre il ristorante di mattina, acquista le verdure dai contadini e prepara ancora con le sue mani la pasta (tagliolini e ravioli del Plin), grissini e pane.

Per quanto riguarda le critiche le accetto e sono molto attento alle cose che dice, soprattutto sui gusti reali e ricette base.

Possiamo dire che il 2014 sia stato l’anno più importante della tua vita? Prima l’apertura del bistrot The Egg e poi la nascita di tuo figlio Vittorio. Com’è Nicola Batavia papà?

Da quando ho aperto il ristorante ho avuto tanti anni importanti della mia vita, ma il 2014 è stato decisamente quello più importante! Diventando papà sono cresciuto e ho creato un progetto dedicato completamente alla vita di mio figlio, perché ritengo che una parte importante dell’arte della ristorazione sarà sempre in correlazione con la mia vita da papà. (Il Bistro The Egg è stato dedicato alla nascita del figlio Vittorio).

Spero che mio figlio un giorno sarà interessato alla ristorazione e cosi avrà in mano un progetto già ben avviato.

Nicola Batavia papà è più sensibile, più paziente ed innamorato ancora di più della vita.

Hai anche creato un piatto dedicato a Vittorio (l’uovo di quaglia con spinaci e polvere di liquirizia), ma a Vittorio cosa piace mangiare davvero?

È vero! Vittorio mangia tutto ed è stato abituato ad assaggiare tutto. È un amante sfegatato delle olive (fin da piccolo se le snocciolava ma senza ingoiare il nocciolo!), ma mangia anche ben volentieri la carne e la pasta.

Vorresti che tuo figlio seguisse le tue orme? Che consiglio daresti a tutti i giovani che vorrebbero fare il tuo stesso mestiere?

Vedendo come cresce mio figlio ho notato che è molto creativo, molto ordinato e con un carattere molto forte ma credo che sceglierà da solo il suo futuro. Di certo con l’apertura del The Egg che è stato dedicato a lui si troverà un progetto aperto e diffuso in Italia e all’estero (lo chef pensa ad una internazionalizzazione).

Siamo nel periodo in cui, spesso, i giovani scappano all’estero, ma c’è un po’di confusione nell’informazione perché la figura dello chef si è ampliata visto che finiscono anche per fare trasmissioni televisive. I ragazzi così pensano che sia facile fare il cuoco/chef e diventare subito un Masterchef. Il mio consiglio ad un giovane è d’investire sul mestiere: andare a lavorare per ristoranti conosciuti, quale Birichin, anche senza prendere stipendio e considerarlo una specie d’investimento; in giro ci sono tantissime scuole di cucina che non saranno mai in grado di insegnare ai ragazzi il vero lavoro in un ristorante. Se un giovane è alle prime armi si fa una gavetta e pian piano guadagnerà lo stipendio e quindi da vivere. Fare 2 anni, magari in ristoranti diversi, in modo da avere un lavoro garantito ed un stipendio più che adeguato. Visto che i ragazzi che scelgono le scuole private e i genitori le pagano da 8.000 a 15.000 € all’anno, sarebbero circa 1000 € al mese che ragazzi i possono spendere lavorando gratis in un ristorante. Andare all’estero oggi è ancora più difficile come lo era anni fa. La mia idea è investire in un ristorante di qualità così avranno un curriculum molto allettante.

Dove trai ispirazione per i tuoi piatti e quante volte provi un piatto prima di considerarlo per te “perfetto” ed inserirlo quindi nel menù?

Le ispirazioni le traggo ovunque, è ovvio che oggi quando si ha sulle spalle trent’anni di lavoro e una cucina fatta in ristoranti solo gourmet e solo di livello seguo un pochettino diverse linee. Amando l’arte contemporanea, amando il design e frequentando Venezia ho la possibilità di incontrare diversi architetti e designer e seguire tantissime mostre. Ammetto che negli ultimi dieci anni le forme e i colori mi hanno condizionato un po’ nei piatti. Se invece dovessi parlare di ingredienti noi in Italia siamo fortunati avendo i mercati e frequentandoli. Ma anche dai viaggi mi porto sempre qualche ingrediente nella valigia e con questi amo fare diversi mix. Da qualche mese abbiamo inserito il quarto menù, che si chiama Menù al buio, che è destinato alle persone che si vogliono lasciare trasportare in un viaggio. E proprio con questo menù gioco tanto visto che creo diversi abbinamenti che m’ispirano in quella giornata. Non provo tante volte un piatto, ma sicuro quello che provo di più è il tipo di impiattamento e l’organizzazione, quello lo faccio al massimo.

Sei stato uno dei primi chef che ha creato una cucina a vista, per non nascondere nulla ai propri ospiti, hai creato uno spazio nel bistrot The Egg dove i clienti possono cucinare per conto loro da soli o in tua presenza, sei anche uno “chef a domicilio” e lo scorso anno hai aperto le porte di casa tua ad un numero chiuso di persone, insomma non finisci mai di stupire, qual è il prossimo passo?

Quando sei chef da parecchi anni e in più titolare la regola è non fermarsi mai e cercare sempre di stupirsi! Sicuramente il progetto del The Egg è in evoluzione, anzi ho sempre nuove idee in mente.

Dove ti vedi tra dieci anni?

Questa domanda me la ponevo quando avevo trent’anni, quando ne ho compiuti quaranta è stato poi l’anno delle olimpiadi e della stella. Sinceramente questa domanda non me la ponevo quindi da dieci anni. 🙂 Tra dieci anni mi vedo in un’altra realtà sempre con qualcosa d’innovativo, qualcosa di nuovo che stimoli me stesso e il mio modo di vivere. Oltre vedere mio figlio cucinare un piatto per me, sicuramente Nicola Batavia non si fermerà ancora.

Tre curiosità dello chef Nicola Batavia.

M’incuriosisce molto scoprire ancora una parte del mondo che non ho ancora conosciuto. Assaggiare sempre cose nuove di altri paesi e di altre culture. Amo la notte, perché sono abituato a vivere di notte: c’è tanto silenzio e la notte è buia ed intima e ci sono poche persone. D’altra parte invece non mi piace il mattino presto, se devo fare un lavoro mi piace farlo da mezzogiorno in poi, non alle 9.00 alle 10.00 di mattina. Sono una persona curiosa di conoscere il mondo.

Ringrazio Nicola Batavia per questa intervista e gli auguro di conoscere ancora di più il mondo e che questa stessa passione la tramandi a suo figlio Vittorio.  Ricordiamoci sempre che guardare il mondo attraverso gli occhi dei bambini è una cosa meravigliosa!

 

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